Sono da poco rientrato da Francoforte per conto di una piccola impresa che produce macchinario per l’industria alimentare. Abbiamo incontrato un agente interessato ai nostri prodotti e dei potenziali distributori per il mercato tedesco. L’agente che abbiamo conosciuto è una persona sui 65 anni che da sempre opera in questo settore e conosce bene anche i mercati internazionali. La proposta di collaborazione che ci ha fatto è stata imprevista e fuori dai soliti schemi tradizionali del mandato di agenzia.
Vorrebbe presentarsi, soprattutto ai clienti non tedeschi, come commerciale aziendale con ufficio in Germania. Con biglietto da visita e casella di posta aziendale. Ci garantisce che con questa formula sta facendo un buon business già con un’azienda spagnola; ovviamente non in concorrenza con noi. Aggiungeva: “… proponendo l’azienda dalla Germania, è come se il prodotto spagnolo-italiano diventasse un po’ “made in Germany” e questo porta ad una ricaduta positiva sull’immagine-affidabilità del prodotto e in ultima analisi dell’azienda stessa.” Come una sorta di certificazione tedesca che il prodotto è ben fatto.
E’ noto a tutti il primato della tecnologia tedesca a livello mondiale anche se va sottolineato come molti macchinari italiani non abbiamo nulla da invidiare ad analoghi macchinari prodotti in Germania. Ma l’immaginario collettivo –anche nel business to business – vive di pregiudizi e questo approccio può essere definito come una strategia di marketing.
In ultima analisi anche il sottoscritto dovendo scegliere tra una Fiat ed una Volkswagen non avrebbe molti dubbi.